Eurovision song contest: vittoria schiacciante del Bollywood style
- Silvia Dini
- 1 giorno fa
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Un’edizione più che mai carica di scenografie, balletti, effetti tecnologici e visual luccicanti
"Signore e signori benvenuti al circo dell’Eurovision, dove quel che vedrete è talmente chiassoso che non servirà neppure ascoltare le canzoni. Basterà guardarle!"... è stato il mio primo pensiero, a fine serata.
La 68esima edizione dell’Eurovision song contest è in corso, sono state disputate le due serate semifinali e, dei 31 contendenti iniziali, ne sono rimasti in gara 20, oltre ai big five, cioè gli artisti dei 5 Paesi (fra i quali l’Italia) che accedono di diritto alla finalissima, e il Paese ospitante che quest’anno è la Svizzera.
Il cerchio si chiude, quest’anno la manifestazione si svolge nel Paese da cui era partita nel lontano 1956.
Vorrei condividere qualche impressione del tutto soggettiva, nel mio ruolo di spettatore televisivo.
Come sempre l’attesa è tanta ed è piacevole lasciarsi sorprendere dalla creatività. Come in ogni ricetta ben riuscita, gli ingredienti però devono risultare equilibrati, a chi lo gusta.
Da un song contest di questa portata, mi sarei aspettata più valore alla musica, alle “canzoni”, sia pure senza esecuzioni dal vivo, perché da sempre si usano le basi per semplificare il tutto, e ci può stare, lasciando al cantante l’onere di reggere la situazione.
Come cantano i “Coma_Cose” nei loro Cuoricini sanremesi, “oggi ho le pupille più grandi del cuore” dopo due serate che in maniera assidua, e martellante, gli occhi miei sono stati catturati da un affascinante quanto invasivo tripudio di luci, colori, led, effetti grafici e abbondanti dosi di pixel in movimento.
Mi sono fatta la fantasia che l’entusiasmo elvetico per questo ritorno a casa della manifestazione abbia solleticato un eccesso di voglia di far festa, riversato sul lato visivo della manifestazione.
Sempre a mio modesto parere, qualcosa deve esser sfuggito di mano perché nella lotta fra canzone e scenografia, è quest’ultima ad aver avuto la meglio sui protagonisti che, teoricamente, dovrebbero essere le canzoni e gli interpreti.
Tutto di altissima qualità e di grande godibilità, sia ben inteso! Con cambi palco, fra un’esibizione e l’altra, rapidissimi in 42 secondi netti. E ci tocca dirlo… dagli svizzeri la puntualità ce la aspettiamo!
Ci hanno scherzato anche loro, addirittura le conduttrici ad un certo punto si sono messe a pulire il palco, perché “noi svizzeri amiamo la pulizia”.
La macchina scenica e organizzativa era perfetta. Ma la prossima volta, magari, un po’ meno scene e un po’ piu’ voci.
Perché fra lingue di fuoco, turbinii rosso e oro, ali di drago, onde degne di Hokusai e sollevamenti su microfoni volanti immagino la fatica degli artisti per non farsi sopraffare.
Le due presentatrici, pure loro, ci hanno provato a distinguersi, ogni sera puntando sul look con risultati.... beh, che persino il commentatore italiano, Gabriele Corsi, affiancato da Big Mama, nella sua estrema neutralità ha comunque rilevato come non riuscitissimo.
Le scelte di abito erano davvero da “da cartellino giallo” da parte del mondo fashion. Ma si sa, noi italiani sullo stile siamo soggetti difficili da accontentare.
Non c’è spazio per parlare delle canzoni, in un articolo impostato sugli aspetti di costume. Allora, fatemi giocare ancora un po’ con annotazioni sui look: che dite, vogliamo parlare della cantante finlandese? brava anche a ballare, ma nel body in pelle nera con borchie, sollevata in aria sopra un’asta microfonica gigantesca, richiamava non so perché “un razzo missile”.
E i simpatici svedesi, fissati con la sauna. O il duo fratello e sorella con un pezzo dance favorito dai suoni secchi della lingua tedesca. Che dire di Malta, con lo scenario che sembrava di stare nel videogame Candy Crush saga.
Peccato sia stato escluso l’australiano, aria vagamente alla Benson Boone dei poveri, in tutina di lurex entrava e usciva da un bicchierone di Milkshake.
Sicuramente apprezzato dal largo pubblico il coro delle leggiadre sirenette della Lettonia, sexy con gusto, pure brave a cantare.
Se la buttiamo sul fisico, sicuramente degno di nota anche il cantante Armeno che si è esibito correndo sul tapis roulant, senza perdere una nota.
Musicalmente preziosa e insolita la scelta dell’Austria, con un interprete maschile dalla voce speciale, quasi sopranile, inusuale per il largo pubblico.
Ripeto, livello complessivo molto alto. Tutto un po’ musical, un po’ bollywood, tanto fuoco, tanto colore, tanto mix dell’immagine digitale con pochi elementi scenici, tante belle coreografie.
Sotto un certo punto di vista tutto ben riuscito, nulla da dire.
Chiudo riportando qualche notizia sulla manifestazione e la sua storia.
L’Eurovision Song contest è un evento internazionale di lunga tradizione, che si svolge ogni anno, annullato solo nel 2020 a causa della pandemia.
E’ presente l’Australia come unico Paese non europeo; tutto nacque nel 1983 quando l’evento, trasmesso dalle TV locali nella terra dei canguri, riscosse un enorme di pubblico, da quel momento in poi il rapporto fra manifestazione e media australiani si è dimostrato così forte che, negli anni, è entrata a far parte della gara.
Artisticamente, l’Eurovision è un grande e spettacolare concorso che, come sottolinea il recente slogan “United by music”, porta un messaggio di unità, simbolico, neutro, senza connotati politici o ideologici. Per alcuni cantanti è stato trampolino per andare oltre i confini nazionali, come accadde a Domenico Modugno, terzo nel 1958 con “Nel blu dipinto di blu”, oppure agli Abba, che vinsero nel 1974 con Waterloo, e poi Julio Iglesias, Céline Dion ecc.
Dal punto di vista della gara, i Paesi che hanno vinto per più volte sono Irlanda e Svezia, con 7 vittorie ciascuno. Seguono Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito con 5 vittorie e Israele con 4. L’Italia ha solo 3 vittorie: Gigliola Cinquetti nel 1964 con “Non ho l'età”; Toto Cutugno nel 1990 con “Insieme: 1992” e i Måneskin nel 2021 con “Zitti e Buoni”.
Non resta che godersi la serata della finale, con un occhio ai look e alle performance più improbabili e un orecchio alle canzoni che dimostrano che, nonostante la globalizzazione, c’è la possibilità di coniugare in modo personalizzato elementi musicali e stilistici attuali, trasversali, con scelte vocali, linguistiche o anche tematiche, che affondano le radici in tradizioni territoriali lontane, che è sempre bello mantenere e ancor più bello condividere con gli altri. United by music!
Spero di avere creato ancora più attesa per la finale, e non importa chi vincerà, sarà stata comunque celebrata una delle più attese manifestazioni musicali internazionali! Tutti in music direction!
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