Il cammino verso la fama parte da lontano
È il caso della giovane cantautrice Jamila. Nata a Scandicci, in provincia di Firenze nel 2001, inizia a 6 anni a suonare la batteria. Passando dall’esperienza del pianoforte, approda poi alla chitarra, trovando, in quest’ultima, lo strumento ideale per esprimersi a parole e in musica.
Esordisce a 18 anni con il singolo “La dottrina delle piccole cose” con Ferramenta Dischi. Jamila allude, con questo titolo, a quei piccoli gesti che, terminata una storia d’amore, è necessario rivivere da single, dopo averli condivisi per un arco di tempo. Stando alle sue rivelazioni, nasce come dedica, alla compagna di quell’epoca, avendo assunto il titolo della sua tesina di maturità e come dono, della metà dei diritti d’autrice in occasione dell’anniversario. Il brano, uscito a giugno 2020 e prodotto da Zibba, già noto in campo musicale quale autore associabile a nomi del calibro di Patty Pravo, Fiorella Mannoia, Marco Marini, Elodie ed altri ancora, non è stato il suo primo, in realtà. Lo ha preceduto Ego, un album autoprodotto e pubblicato su Spotify, registrando voce e chitarra con l’ausilio del cellulare. Un album ancora acerbo, consistente di 10 brani carichi di emozioni e sensazioni ispirati dal contesto di vita di Jamila.
Emozionante e significativo per il suo percorso di crescita in campo musicale, è stato l’aver potuto aprire i concerti di Brunori SAS e di Dente a fine estate del 2020.
L’ultima esibizione di Jamila ha avuto luogo a Vignola, in provincia di Modena.
Qui di seguito, il contenuto dell’intervista, che mi ha rilasciato personalmente in quell’occasione. Conosciamola meglio, con quel simpatico modo gergale di esprimersi, quella cadenza tipica dei toscani, la freschezza e la spontaneità della sua giovane età, le sue speranze e le sue aspirazioni.
1. Jamila, un nome inconsueto nel panorama canoro italiano. È il tuo vero nome o un nome d’arte?
Sia l’uno che l’altro. Entrambi. Un nome difficile da portare fin da quando ero piccola, perché è un nome diverso da tutti gli altri. Ad esempio, nei problemi di matematica non c’era - Jamila ha 3 mele - c’era Marco, Lucia, Sara, più raramente Carolina, ma Jamila non c’era mai! All’inizio volevo liberarmene, poi, però, me ne sono riappropriata, perché lo ha scelto mia mamma e, paradossalmente, Jamila è il nome di un’eroina algerina di una rivoluzione, però è mio padre che è algerino. Lui mi avrebbe chiamato Sara. È stata mia madre che gli ha detto: “Scusa, sei algerino, scegliamo un nome algerino e, quindi, Jamila. Spesso capita che le persone debbano usare degli pseudonimi, magari per spiccare all’occhio, Jamila è Jamila ed è anche sonoro, come nome, con questa Ja aperta all’inizio. Così me ne sono appropriata ed è Jamila, sia nell’arte, che nella vita.
2. La Toscana quanto ha influito sui tuoi testi e la tua musica?
Per niente! No, non è vero. Ho mentito. La Toscana, in quanto ambiente, non è stimolante, per dire, perché è molto chiusa ed elitaria, Firenze, Siena, ma soprattutto Firenze, il capoluogo no? È un posto molto elitario. In generale i toscani sono elitari anche fra le loro conoscenze. Possono essere divertenti, ma il toscano medio non è per niente inclusivo. Quindi, la Toscana come ambiente niente, la Toscana come paesaggio sì! Tutto il primo album l’ho scritto stando tipo un mese in casa della mia migliore amica nel Chianti, che sta proprio nel nulla. Mi alzavo la mattina presto e avevo la luce che sembrava quasi tangibile alle 7:00 del mattino, la brina, gli asinelli e il Chianti, che mi si apriva davanti. In quel modo ha influito!
3. Cosa intendi, quando parli di rivoluzione delle piccole cose?
Posso scegliere di non rispondere? Se vuoi ti dico perché non ti rispondo. La dottrina delle piccole cose è il primo pezzo scritto tantissimo tempo fa, che è uscito dopo l’album molto vecchio. Ed è il primo pezzo che ha dato molto all’occhio è quello su cui tutte le persone si sono soffermate. È una cosa che mi perseguita da anni ed è un po’ un fardello. Prima, in concerto, l’ho portata con serenità, perché sono comunque riuscita a riappropriarmi di questa canzone, però, essendo legata ad una storia passata, per un anno intero ho dovuto continuare a rispondere a delle domande sempre su quell’argomento e, quindi, è diventato un po’ pesante. Comunque, come definizione generale, le piccole cose sono quelle che uniscono le persone, le piccole cose che si hanno in comune e quindi, io vedo una rivoluzione in quello che crea legami fra le persone e poi, ovviamente, si può innescare un cambiamento dal piccolo al grande.
4. Quali stili musicali hanno influito sulla tua crescita in ambito musicale? Ho letto qualcosa in proposito in una precedente intervista da te rilasciata nella quale citavi Mannarino, può essere?
Mannarino era un mio grande punto di riferimento sia a livello di stima che a livello personale. Ma se prima lo stimavo anche, adesso è solo un’ispirazione dal punto di vista della scrittura e della musicalità. In generale, un po’ tutti gli scrittori di musica mi hanno influenzato, ovviamente la trap e i metal sono due cose che non ascolto.
5. Una domanda collegata alla precedente. Come ti poni nei confronti degli stili musicali dei tuoi coetanei, visto che sei del 2001, i cosiddetti millennials?
Ti posso rispondere così! Io scrivo le mie canzoni con molta passione, con molta dedizione e molto di mio, quindi per me è un impegno forte, no? E poi vedo che Sfera e Basta fa più soldi di quanti io non potrò mai avere. Io devo fare la cameriera 5 giorni la settimana, turni da 7 ore, per vedere di riuscire a pagarmi anche le tasse dell’Università e lui parla di codeina e troica sulla sua Bentley ed è in America.
6. Stai già studiando o devi cominciare l’università?
È il secondo anno questo.
7. Che indirizzo hai scelto?
Scienze forestali.
8. A che tipo di target di pubblico ti rivolgi?
A chi mi vuole ascoltare.
9. Domanda provocatoria, suggeritemi dai miei genitori.
Vaiii!!!
Perché i coetanei di mio padre, che ha 60 e passa anni, cresciuto con la musica dei Rolling Stones e dei Led Zeppelin, dovrebbero ascoltare le tue composizioni musicali? Io non posso permettermi di dire alle persone perché dovrebbero ascoltarmi, io invito le persone ad ascoltarmi, se hanno voglia! Perché quello che scrivo è personale, poi sto crescendo in una direzione che cerca di andare verso l’universalità, in generale, quella di mandare messaggi.
10. Ho letto, mi pare su Instagram, che tu non fossi molto soddisfatta, forse riferito al momento del lockdown pandemico e che tu volessi cambiare un po’ rotta!
Diciamo che la pandemia non mi ha permesso di fare tante cose.
11. Tu sostieni che ti piaccia molto il live. È così?
Esatto, è questo che mi da’ vita! Io da poco sono scesa dal palco ed ho avuto tante persone che sono venute a dirmi grazie. Io ho ringraziato loro. È stato molto bello, perché ho invitato dei ragazzi che hanno aperto il mio concerto. Tra l’altro è la prima volta che aprono un mio concerto. Di solito li aprivo io! Lì ho invitati, abbiamo fatto una jam insieme e, per me, è quella la mia musica, è quello che voglio dare alle persone, se di può parlare in termini di dare qualcosa! Quindi si! Cambiare rotta, anche in termini di realtà testi, perché non avendo la possibilità di interfacciarmi con le persone in quel periodo, sono mancati i feedback. Sono rimasta molto chiusa dentro me stessa, anche a livello introspettivo, mentre in realtà io ho bisogno di sentire che le persone, mentre canto, si possano ritrovare in quello che dico. In questo senso, cambiare rotta. Perciò, perché i sessantenni dovrebbero ascoltarmi?! Mah, non lo so! Per rivalutare i millennials forse, se posso dire! Di certo non mi posso assumere la briga, ne’ avere la presunzione di dire che sono io ciò che fa rivalutare i millennials, anche perché non mi ci sento millennial, per niente!
12. Nei tuoi nuovi componimenti, quanto abbia influito la pandemia è un tema già in parte trattato e, allora, ti chiedo: il tuo modo di cantare nasce spontaneo o è frutto di anni di scuola di canto?
Ho fatto un anno di scuola di canto, in realtà più per imparare ad usare il diaframma, che altro. Oggi sto imparando ad usarlo da sola!
13. Quali step ti sei prefissata, per avanzare nella tua carriera?
Non li ho, tutto libero, viene quel che viene!
14. Domanda femminista.
Woow!
Il tuo essere donna ti ha creato ostacoli?
Sì. Tutti i giorni! Sia nella vita, che in determinate occasioni. Ho avuto rare occasioni di frequentare gruppi di sole donne. Tempo fa un gruppo di 10 donne, che successivamente ho dovuto abbandonare per motivi di ordine personale. Una cosa molto triste. E, anche ora, sono reduce da un workshop di psicodramma in fotografia a cui partecipavano 22 donne, ma spesso e volentieri passo il mio tempo con la mia etichetta, che si compone di soli uomini. Sono ragazzi molto giovani e in gamba, con un discreto spirito critico, anche se non si può dire che siano proprio socialmente attivi. Il problema è che sono scarsamente empatici riguardo ai temi femministi di mio interesse ed abbiamo ritmi circadiani dissonanti. Loro seguono il ciclo giorno/notte, io quello lunare e mestruale. Quando facciamo sessioni di musica rappresento una minoranza e pesa un po' addosso e sono anche un po' arrabbiata. Quindi l’essere donna, soprattutto nella musica, in primo luogo non è facile. Se osservi la scena musicale, ti rendi conto che gli uomini famosi sono tantissimi a confronto del numero delle donne. Basta pensare alla scena Indie. In secondo luogo, lavorare solo con uomini crea disagio, oltre che ostacoli.
15. Quali problematiche sociali hai affrontato e quali vorresti sviluppare?
Quello affrontato finora, non so se si può definire tema sociale, anche se in realtà penso di sì, soprattutto in seguito al periodo di pandemia. Una cosa sulla quale la società attuale non si è confrontata mai è la vulnerabilità dell’essere umano. L’essere umano è fatto di cambiamenti, emozioni, fragilità, timori ed io, durante tutta questa pandemia non ho sentito parlare di traumi psicologici che ne derivano. Quindi, la mia musica in principio nasce per esprimere i miei sentimenti, le mie paure, i miei dolori e i miei amori e, il primo modo per renderla universale, è stato dire: io parlo delle mie priorità, ma voi potete risentirvici dentro, perché siamo tutti esseri umani. Questo, diciamo, è il primo tema sociale. Poi ho scritto una canzone sull’inquinamento del mare.
“Titolo?”
Ancora non c’è. È una roba che uscirà chissà quando, ma la tematica ambientale mi interessa tantissimo e cerco di avere uno stile di vita più ecosostenibile possibile. Poi c’è il singolo Gesù, in cui cerco di affrontare, anche lì, la tematica dell’essere umano che può sbagliare, ma anche la repressione che la religione impone, soprattutto in stati laici, come l’Italia. Se si vuole, anche temi di lotta, lotta di classe.
16). Ti avvali di collaborazioni musicali? E, se sì, quali sono i musicisti che collaborano con te, o collaboreranno prossimamente?
Allora, l’album che uscirà l’ho realizzato con Zibba, che è un cantautore e anche un produttore molto bravo e che mi sta dando tanto dal punto di vista del componimento, ma anche della scrittura. Poi ho in progetto di collaborare con un sacco di persone. C’è una ragazza emergente di Bologna, che ancora non ha fatto sentire niente, che si chiama Elisabetta. Nome d’arte, per adesso Lil, poi chissà! Mi piacerebbe collaborare con lei perché fa roba che non sembra italiana per quanto è avanti! Poi c'è nella mia stessa etichetta 99 paranoie...
“Ho visto in rete, sì...”
Ok. E Rene’ D’Amico, in arte Renè. Con loro ho fatto 2 pezzi, uno per ciascuno.
17). La migliore collaborazione che sogneresti?
Ti potrei dire la collaborazione con me stessa, con la quale a volte faccio fatica a lavorare, però, a parte gli scherzi, in passato ti avrei detto Mannarino, ma suppongo che non mi ci troverei a livello personale. Ti avrei detto anche La rappresentante di lista ma.. vediamo se mi sfugge qualcuno…vabbè no, per il momento mi piacerebbe collaborare solo con Lil.
18). Pensi che anche Lil potrebbe concedermi un’intervista?
Sì, è una ragazza molto simile a me in quanto a disponibilità. Penso le farebbe piacere! Noi venerdì suoniamo al Dumbo a Bologna. È un locale fuori dalle mura, se riuscissi a venire potresti vederla suonare e così avresti anche maggiori spunti per farle domande. Io ti consiglio di valutarla sul live. Se non ci riesci pazienza, puoi sempre scriverle, intanto ti anticipo.
“Adesso vedo cosa posso fare per esserci!”
19). Secondo te, cos’è che ti contraddistingue musicalmente dai tuoi coetanei?
Io ti riporto quello che mi hanno detto ieri. Ieri ho fatto un concerto in quell’ambiente di cui ti parlavo prima, ho suonato con due persone che non avevo mai incontrato prima di ieri. Abbiamo fatto una roba molto sperimentale e loro mi hanno detto - Che bello! Fai l’Indie che non è cringe. Però, questo è quello che mi hanno detto loro! Ti posso dire che, a livello di gusto personale, trovo molte robe che stanno uscendo ultimamente delle superficialità. Non conosco queste persone, quindi non ti so dire se si tratti di superficialità o solo di un diverso modo di esprimersi riguardo a cose di cui si vuole parlare. Sicuramente, si può individuare una tendenza al pop, ad andare verso l’ascoltabile radiofonico. Io, è quello che non voglio. Non dico che non mi piacerebbe un passaggio sulle grandi radio (Radio Rai, RTL), così come pure ricevere ogni tanto 300€ di diritti SIAE, ma senza dover scadere troppo nel commerciale e solo se non dovessi sacrificare altri aspetti a cui tengo. Un passaggio dei Rolling Stones in radio, poteva avere un senso. I Rolling Stones, d’altra parte, facevano rock al tempo del rock! Quelli della mia etichetta suggeriscono che se voglio fare quello che voglio, ogni tanto bisogna sacrificarsi. Non sono molto d’accordo con questo, però!
20. Da dove nasce l’idea del tour delle piccole date?
Semplicemente, dalla dottrina delle piccole cose! Era l’unico singolo uscito, ci volevano marciare sopra perché era piaciuto e hanno ripreso l’idea per dare il nome al tour. Per me, è stato traumatico, perché in quell’estate avevo troncato con la persona per cui avevo scritto la canzone.
21. Hai qualche altra cosa che vorresti aggiungere a questa intervista per farti conoscere ancora meglio o qualche suggerimento da darmi per futuri articoli?
Ho un’altra artista da suggerirti, per un’intervista che si riveli un’esperienza positiva. È anche lei di Bologna e si chiama Vivienne. Con questo non voglio insinuare che non devi rivolgerti a persone più famose, di non intervistare Blanco, se ti capitasse! Non lo conosco personalmente, ma so per certo, detto da persone affidabili, che risulta amichevole, pur essendo inserito in quell’ambientone. Studia bene le persone da intervistare ed un percorso da seguire...Poi dispenso consigli, ma non sono nessuno per farlo, solo conosco cosa vuole dire confrontarsi con un mondo che non si conosce, perché anch’io ero così due anni fa e, lo sono ancora, in realtà! Ma niente paura!
Comments