Ci risiamo, la storia è spesso una serie di flussi e riflussi che puoi intercettare e delineare solo dopo il trascorrere di un consistente periodo tale da mettere in evidenza una serie di fatti meno recenti che puoi sovrapporre a fatti attuali rilevandone appunto la ciclicità o quantomeno, il riproporsi della medesima situazione.
Ma quanto della storia musicale del secolo scorso è oggi sovrapponibile alla odierna?
I mass media oggi ci hanno abituato a vedere artisti come i Måneskin, glitterati, truccati e persino vagamente osceni (per buona pace di chi ha gridato allo scandalo vedendo Victoria De Angelis, bassista del gruppo, a seno nudo e con sole due X di nastro adesivo sui capezzoli o per la foto di Ethan Torchio, il batterista, nudo con una mano sulle parti intime) senza che la cosa ci abbia sconvolto più di tanto, dividendo però pubblico, critici e opinionisti in due fazioni: da un lato chi esulta al ritorno del Rock e dall’altro chi pensa che il comune senso del pudore sia stato offeso.
Anche la numerosa sfilza di trapper quali Dani Faiv, Lazza, L’Elfo, Nitro, Marracash, Ketama 126, The Supreme, Salmo ecc.
agghindati di “succinti abiti” e pieni di tatuaggi e piercing troneggiano sulle testate giornalistiche di settore, spopolando tra i più giovani grazie a videoclip che mostrano degrado, frustrazione e ribellione, anche questi edulcorati dalla macchina trita-arte che sono diventati i media grazie all'enorme offerta che oggi propongono.
Dall’altro lato la risposta Pop a questi ultimi è attuata da Mahmood, Madame, Blanco, Achille Lauro, Capo Plaza, Ghali, Calcutta e persino Ultimo insieme a tanti altri (ma alcuni di questi si definiscono rapper) che propongono gli stessi temi, strizzando l’occhio anche alla sfera LGBT e proponendo una sessualità “fluida” che già era anch’essa appannaggio delle rock star del passato.
Chi scrive di musica e ha superato la soglia degli anta (come il sottoscritto) però si dice spesso restio ad accettare le nuove espressioni degli artisti odierni in favore dei miti del passato sovente ancora attivi sulla scena, dimenticando che questi ultimi sono stati discriminati all’atto del loro primo successo proprio perché proponevano una realtà sociale giovanile distante da quella che era allora lo standard degli adulti. Basti pensare a Vasco Rossi che quasi 40 anni fa si esibiva sul palco di Sanremo (nel 1982) con “Vado al massimo” e l’anno successivo con “Bollicine”, diventando bersaglio di perbenisti e benpensanti che lo videro subito come una minaccia alla cultura italiana, promotore di uso di droghe e di una vita dissipata oltre che di una certa licenza nell'uso della grammatica; oppure alle scorribande di Gianna Nannini che con la sua “America” nel 1979 suscitò scalpore parlando non troppo velatamente di masturbazione e proseguendo tra palchi e riviste con topless e nudi integrali negli anni a venire. La scia continua con una sfilza di brani che vi consiglio di approfondire googlando “canzoni italiane censurate”, scoprirete canzoni passate alla storia come brani epici e ormai considerati “classici”.
Tutto questo ci riporta a una deduzione e di conseguenza, a una domanda. Dato che Vasco e la Nannini sono oggi considerati (a ragione) dei grandi artisti che rimarranno nella storia della musica Italiana, è giusto osservare e ascoltare e perché no, se serve, criticare gli attuali artisti giovani o emergenti, per poterne intercettare non solo la levatura artistica ma anche la forza comunicativa e descrittiva legata ai nostri tempi, proprio perché le canzoni fotografano le epoche.
La domanda che rimane però sospesa è: questi nuovi artisti hanno la capacità di diventare altrettante icone musicali?
La risposta è tra le parole di “Con il nastro rosa” del pluripremiato “duo” Battisti-Mogol: Lo scopriremo solo vivendo…
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