Già dalle prime immagini del videoclip possiamo ascoltare un suono apparentemente fuori scena, ovvero, il rumore delle sedie che vengono trascinate lungo il pavimento.
Da questo attrito si genera una melodia stridente simile a quella dei violini.
In una stanza piena di oggetti antichi, di storia, si propaga una luce segnata dal suono della chitarra di Alessandro, che acquisisce profondità nella voce vigorosa e reboante di Giovanni.
Il connubio di questi due elementi crea una fusione panica ed avvicina l'ascoltatore ad uno stato alterato di estasi, che collega il quotidiano, l'ordinario con i misteri della natura e dello straordinario.
Con questo album "Gardenia", omaggio a Billie Holiday, comprendiamo quanto la musica possa creare connessioni tra immagini e sensazioni anche distanti tra loro e trasferirci in una realtà superiore, quasi sublimata.
Gli oggetti quotidiani assumono una connotazione musicale al pari degli strumenti, trovando una piena consapevolezza nello spazio circostante, di cui sono stati curati i dettagli in ogni minimo particolare.
Ogni elemento della stanza ha un ruolo preponderante a conferire un'atmosfera intima e dialogante con il pubblico.
Lo spettatore /ascoltatore infatti, si sente immediatamente proiettato e accolto all'interno di questo mondo di sonorità jazz, elettroniche e rock.
- Da dove venite e come la vostra città di origine vi ha influenzato artisticamente?
Alessandro: io sono nato a Bologna ma cresciuto a Imola, posso solo dire che Imola è una città in cui il rock era o è tra i generi principali amati dai giovani, ed è stato così per me. Da Bologna e dall’Emilia quando avevo circa 25 anni è arrivata l’influenza di gruppi come i CSI, un periodo molto bello musicalmente per l’Italia. Allo stesso tempo anche il jazz in questa zona ha una sua diffusione importante, e la classica che amo molto seppur io non sia un musicista classico.
Giovanni: Sono cresciuto a Imola, ho vissuto per 7 anni a Firenze e per 6 anni in Scozia, inoltre a Modena, Venezia e Milano. Dal 2014, anno in cui mia madre prima e poi mio padre si ammalarono, sono a Imola di nuovo. Ora loro non ci sono più ma sono sposato qui, e non ho per ora in progetto di andarmene. Purtroppo, perchè non mi è mai piaciuto il mio paese. La mia geografia umana non è a Imola e non mi ha influenzato minimamente. Io non esisto per il mio paese ed il mio paese non esiste per me. La cultura è un feudo in mano alle stesse persone da decenni, nessuna volontà di prendere in considerazione alcuna proposta.
- Raccontateci il vostro percorso musicale, dagli esordi fino ad oggi.
Alessandro: io ho iniziato a suonare la chitarra elettrica perché ero appassionato di rock, poi gradualmente ho scoperto molti altri generi e la mia caratteristica è diventata proprio la versatilità, jazz di vario tipo, elettronica, sperimentazione, fingerpicking sulla chitarra acustica, alcuni autori di musica brasiliana. Nei miei progetti principali cerco di mettere dentro queste influenze.
Giovanni: A otto anni mi emozionai a sentire la chitarra suonata da un mio amico e così iniziai a suonare. In casa dei miei genitori però era proibito quindi provavo nel garage di un mio amico. Mettere tempo nella musica era qualcosa visto molto male. Non ho mai avuto il loro supporto per quanto riguarda la musica ma questo è stato un bene, perchè sono cresciuto senza il bisogno dell’approvazione degli altri. Avevo un mangianastri arancione portatile e ci registravo canzoni composte da me, con i suoni della bocca che mimavano chitarre e batterie.
Dai quattrodici anni suonai con dei gruppi hard rock, poi prog rock, e poi mi stancai..la chitarra non mi dava più nessuna ispirazione. Allora verso la metà degli anni ’90 cominciai con il computer, i campionatori, i nastri magnetici e la mia passione si riaccese. Da allora ho fatto molte cose, musica per il cinema, la televisione, per spettacoli di teatro e danza, per esposizioni museali. Ho collaborato con Nicolette dei Massive Attack, ho fatto molte colonne sonore per il regista icona Bruce LaBruce, ho collaborato con Massimo Cacciari con le musiche per un suo spettacolo, ho tuttora un contratto con la RAI per jingle e sigle radiofoniche.
- Da dove nasce la passione per la musica elettronica?
Giovanni: Come dicevo la musica elettronica mi ha riacceso la passione per la creazione dopo che con i miei gruppi da ragazzo la vena creativa sembrava essersi esaurita. Più delle drum machines o dei synths la cosa che mi piacque subito fu l’uso dei suoni concreti, il deep listening per dirla alla Oliveiros, l’idea di far suonare ogni cosa e di sentire le qualità di ogni suono naturale o prodotto dall’umanità.
Alessandro: molti anni fa mi appassionai ai Frippertronics di Robert Fripp cioè al mondo degli effetti sulla chitarra e la musica ambient, sono stati molto importanti per me, come anche le sperimentazioni sullo strumento che si trovano maggiormente nell’improvvisazione radicale, ho sempre trovato stimolante tirare fuori suoni diversi partendo dalla chitarra.
- Che cosa vuole raccontare l’album “Gardenia”? Fateci una panoramica dei brani e dei loro temi.
Alessandro e Giovanni:
DON'T EXPLAIN
Un testo scritto da Billie Holiday che riguarda una storia vera, un tradimento raccontato nella sua autobiografia. Meglio stare zitti che trovare delle scuse. Il brano viene riarrangiato con effetti sulla chitarra e sulla voce, con un tempo lento, e vede anche la presenza di sample con la voce originale di Billie che legge il testo della canzone. L'atmosfera è inquieta e angosciante per il fatto accaduto.
HE'S FUNNY THAT WAY
Il primo singolo dell'album dal quale verrà tratto un video. Il brano si caratterizza da una intro e coda tipicamente jazz, chitarra e voce, mentre tutto lo sviluppo centrale è di tipo elettronico, con sgabelli e sedie i cui rumori sono stati usati per creare l'arrangiamento “concreto”. Qualche elemento dell'arrangiamento porta verso altri luoghi, come anche il suono "reverse" dell’assolo.
I'M FOOL TO WANT YOU
Una "torch song", brano tra i più incredibili dell'ultima produzione di Billie, quando la sua interpretazione è diventata ancora più struggente. Una chitarra con tremolo, contrabbasso, batteria, voce in stile crooner, portano poi a uno sviluppo rock elettronico, con chitarra e basso distorti sopra una base di musica elettronica. Quando la disperazione diventa rabbia.
BIG STUFF
Un brano jazz con una progressione armonica molto bella e inusuale, scritta da Leonard Bernstein.
Il riarrangiamento mantiene l'atmosfera jazz ma con l'aggiunta di qualche elemento extra, melodie che sembrano suonate da strumenti a corda ma "preparati", e il fischio del treno che sottolinea il testo.
LADY SINGS THE BLUES
Un brano a 2 facce, una con qualcosa di alieno e inquietante nell'introduzione e la voce filtrata e i suoni elettronici, in seguito con gli ebow a riempire, l'altra un giro simil-blues o gospel con un coro.
COME RAIN OR COME SHINE
Il brano più ballabile di tutto l'album, Billie non cantava solo "torch songs", quindi volevamo anche mostrare questo altro lato, più divertente e spensierato. Il finale, con un giro di chiave, si lascia la canzone alle spalle.
LOVER MAN
Pianoforte e un tappeto di ebow per una delle ballad più famose e tristi nella storia del jazz. Il giro armonico è stato in parte modificato.
AIN'T NOBODY BUSINESS IF I DO
I samples di strumenti a fiato sono presi dalla versione originale del brano. Sicuramente il riarrangiamento più jazz di tutto l'album.
STRANGE FRUIT
Il famoso brano scritto negli anni '30, e reso celebre dalle interpretazioni di Billie Holiday, parla delle violenze di cui erano vittime gli afroamericani i cui corpi penzolavano dagli alberi come “strani frutti”. Un riarrangiamento rabbioso che di nuovo mischia rock ed elettronica, con chitarre e basso distorti, voce effettata, e phototheremin.
I'VE GOT IT BAD
Una dolce e bellissima ballad per chiudere l'album in modo diverso, solo chitarra classica e voce. La chitarra riprende in parte gli arrangiamenti originali del pianoforte.
- Oltre alle influenze musicali, ci sono state altre contaminazioni artistiche che vi hanno ispirato nella creazione di una vostra sensibilità?
Giovanni: il teatro di Pina Bausch, di Peter Brook, di Eugenio Barba. La pittura di Giovanni Bellini, di Rothko, di Giotto. Il cinema di Fellini, Wilder, Lynch, Bunuel…Artisti come Kapoor, Abramovic…dovrei elencarne centinaia.
Alessandro: nel mio primo album Nei Shi di genere folktronica e colonne sonore ho inserito dei dialoghi che hanno un certo significato per me, riguardano soprattutto l’arte o il cinema. Ad esempio ci sono estratti dal film Le grand bleu di Luc Besson, parole di Alda Merini che racconta la sua esperienza in manicomio, poi dei samples dei Surrealisti che ho sempre trovato geniali, e un discorso di Martin Luther King. Sicuramente quindi direi che nella creazione della mia sensibilità i temi sono stati quelli della denuncia sociale e la creatività artistica in particolare nella pittura.
- Come si struttura una vostra performance live?
Alessandro: abbiamo fatto da poco il nostro primo concerto in duo, usando anche delle basi visto che sarebbe stato complicato avere un gruppo più numeroso e comunque la parte elettronica è importante in questo album. In futuro forse inseriremo un terzo elemento al basso e contrabbasso, ad ogni modo dal vivo suoniamo quasi tutti i brani di Gardenia più qualcosa dai nostri album solisti precedenti. Io suono la chitarra, basso, e coro, Giovanni canta e si occupa dei live electronics.
A questo proposito stiamo cercando proprio delle date per realizzare un mini tour, se qualcuno è interessato ci contatti!
- Perché proprio Billie Holiday?
Giovanni: Perchè dopo delle jam jazz con il collettivo IPA (Alessandro mi invitò a partecipare ed io proposi alcuni brani della Holiday da cantare) decidemmo di fare un disco ispirato a lei. A noi è sempre piaciuta moltissimo, e ci pareva interessante riproporla a nostro modo. Sappiamo che è un mostro sacro, e forse siamo pazzi, ma è un omaggio che ci sentivamo di fare. È stato un atto libero e spontaneo.
- Quali sono per voi i temi più significativi da trattare in musica?
Alessandro: dipende molto dal progetto musicale, nel caso di Gardenia ma anche di altri miei progetti direi che la poesia, i rapporti umani, la denuncia sociale (Strange Fruit), sono i temi più significativi.
Giovanni: Se intendi temi sociali, ce ne sono tanti che mi stanno a cuore, ma non necessariamente la musica deve trasmettere alcun messaggio. Ovvio che la nostra vita è politica, le nostre scelte...e a volte uno si sente di comunicarlo, anche attraverso la musica, o i testi. Ma non piacendomi i guru, a volte vedo musicisti che fanno del tema sociale la loro l’identità, il centro della loro proposta musicale e lo trovo banale e primitivo, anche se può rendere commercialmente. Dagli anni ’60 musica e messaggio (e marketing) vanno a braccetto, benissimo...ma se uno ascolta Jimi Hendrix ha davvero bisogno di sapere il parere di Hendrix, con tutto ciò che trova già nella musica? Si chiede a Mozart di mandarci un messaggio? La musica parla da sola, essenzialmente.
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