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“Dove il cuore trema, ma non cade”. Fiore e proiettile è il nuovo singolo di Besseye che parla della forza e saggezza di una fragilità che rinasce.


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  1. di dove sei e come la tua città ti ha influenzato artisticamente.


  2. Raccontaci il tuo percorso musicale dalle origini fino ad oggi.


  3. Quando hai capito che fare l’artista era la tua strada? C’è stato un evento o qualche esperienza in particolare che te lo ha fatto comprendere?


  4. Raccontaci l’iter del processo creativo che segui per la creazione di un brano e da cosa ti lasci ispirare.


  5. Spiegaci il significato del brano e del titolo ”Fiore e Proiettile”.


  6. Che tipo di fruizione e quale messaggio

    vuoi far arrivare ai tuoi ascoltatori?


  7. Come si struttura una tua performance dal vivo?


  8. Raccontaci una tua giornata tipo.


  1. C’è qualche artista del passato da cui hai preso ispirazione?


  1. Come curi il look artistico?


  1. Come vorresti che i social guidassero la tua musica?



  2. Se potessi rinascere in quale periodo musicale sceglieresti di vivere?


  1. Come gestisci l’ansia da prestazione prima di una performance?




1) Sono di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Devo dire che la mia città non ha avuto un’influenza diretta sul mio percorso musicale, ma ciò che mi ha avvicinato davvero alla musica è stata la danza, che ho praticato dai 6 ai 20 anni. Studiando diversi stili — dal modern contemporary alla videodance, fino all’heels — mi sono sempre trovata a contatto con generi musicali molto diversi, e questo mi ha permesso di sviluppare una sensibilità ampia e curiosa verso la musica.



2) All’inizio la musica era solo un sogno nel cassetto. Studiavo Infermieristica all’università perché mio padre teneva molto al fatto che proseguissi gli studi. Poi, con l’università, è successo un mezzo caos e ho dovuto lasciare. Un giorno, per caso, mi compare su Instagram un annuncio di un contest di talenti in un centro commerciale della mia città: per gioco decido di iscrivermi. Quella è stata la prima volta in cui ho cantato al di fuori della mia cameretta. Arrivai in semifinale, e fino a quel momento avevo fatto tutto da autodidatta. Da quel giorno mio padre si è convinto che questa fosse davvero la mia strada, e da lì è iniziata la mia gavetta: prima con piccoli contest, poi via via a livelli sempre più alti, fino a vincere una borsa di studio per un’accademia di perfezionamento che mi ha permesso di crescere tantissimo e dare il via al mio progetto discografico.

In seguito sono entrata a Medicina, dopo vari tentativi, ma sapevo che se avessi continuato avrei dovuto mettere da parte la musica. Così ho rinunciato, ho iniziato Scienze Biologiche a Pavia, ma dopo il primo anno ho deciso di lasciare tutto per dedicarmi completamente alla musica.

Oggi sono un’artista emergente con tanti progetti e sogni. Ho vinto la prima edizione de La Corrida di Amadeus su Canale 9 — la mia prima volta accompagnata da un’orchestra e dal maestro Leonardo De Amicis — e porto la mia musica ovunque: per strada, negli ospedali, nei locali milanesi. Ho firmato il mio primo contratto discografico con Platinum Label e sono distribuita da The Orchard (Sony).

Ho un grande team alle spalle che crede in me e nel mio progetto, e stiamo lavorando a tante novità che per ora non posso ancora svelare, ma che non vedo l’ora di condividere presto.




3) Ho capito che questa potesse essere davvero la mia strada quando mi sono esibita per la prima volta davanti a un pubblico, al mio primo contest. Fino a quel momento avevo sempre cantato nella mia cameretta, ma quella sera ho visto negli occhi delle persone che la mia voce riusciva a emozionarle. È stato lì che ho capito che volevo farlo per davvero.



4) Le mie canzoni nascono sempre da un sentimento o da un’esperienza che ho vissuto, perché alla fine ogni brano è davvero una parte di me. Di solito parto da qualche accordo di chitarra o da un type beat che mi ispira e che uso per creare la melodia vocale. Su quella melodia inizio a scrivere il testo e, insieme al produttore, riarrangiamo la canzone da zero in base al mood che voglio darle. Alla fine non rimane praticamente nulla del type beat iniziale: mi serve solo come punto di partenza per trovare la linea vocale che poi canterò.




5) Fiore o proiettile è un invito alla realizzazione dei propri sogni, qualunque essi siano, e a non accontentarsi mai. È vero che per rincorrere i sogni c'è bisogno di sacrifici e coraggio, ma tutti possono raggiungere tutto. Nella società attuale ,spesso (se non sempre) vincono e arrivano sempre le personalità forti, mentre io voglio dimostrare che anche le anime fragili possono vincere, con le proprie forze. Possiamo fare delle nostre fragilità dei fantastici punti di forza.


Nessuno ci può dire cosa e come dobbiamo essere per poterci realizzare, possiamo essere tutto, fiori, proiettili, o anche fiori e proiettili allo stesso tempo.




6)Il messaggio che cerco di trasmettere con la mia musica e con il mio modo di essere artista — e che ho espresso anche nel mio discorso alla finale de La Corrida, durante la consegna della coppa — è che anche le anime fragili, proprio come la mia, possono emergere e arrivare a vincere. Vorrei che chi mi ascolta sentisse questo: che la sensibilità non è un limite, ma una forza, e che ognuno può trovare il proprio spazio e la propria voce, anche quando sembra difficile.



7) La mia performance dal vivo nasce sempre dall’idea di creare un contatto diretto con chi mi ascolta. Essendo anche un’artista di strada, ho ideato un piccolo “format” che porto spesso con me: il pick a song. Quando mi esibisco in strada tengo una scatola piena di bigliettini, ognuno con il titolo di una canzone del mio repertorio—cover e brani originali. Le persone possono pescarne uno e, se vogliono, dedicarlo a qualcuno. È un modo semplice ma molto forte per rendere ogni performance unica e personale.

Canto accompagnandomi con le mie basi, perché la voce è il mio unico vero strumento, ed è ciò che voglio mettere al centro.

Negli altri contesti, dai live più intimi ai palchi più strutturati, cerco sempre di costruire un equilibrio: alterno brani più tranquilli e atmosferici ad altri più uptempo, così da mantenere un flusso dinamico e coinvolgere il pubblico in modi diversi durante tutto lo show.




8) Le mie giornate sono sempre diverse: non ho una vera routine, anche perché lavorando in un fast food su turni non ho orari fissi. Un giorno posso essere a pranzo, quello dopo a cena, e a volte anche di notte (spesso).

Di base, però, le mie giornate si dividono tra il tempo passato nel mio piccolo studiolo che mi sono creata a casa — dove provo e registro cover — e le uscite per cantare in strada, partecipare a concorsi o agli open mic, che di solito sono la sera. Quando non ho impegni musicali serali, spesso lavoro a cena o di notte; se invece ho eventi o performance, chiedo il turno del pranzo.

Quando è il momento di lavorare su nuovi progetti e nuove canzoni, allora si cambia ritmo: mi riunisco con il mio team a Tuscania, un paesino nel Lazio, lontano dalla frenesia metropolitana milanese. Essere immersi nella natura aiuta tantissimo la creatività. Passo giornate intere in studio. In quei giorni la sveglia suona presto, perché bisogna prendere il treno per Roma e poi raggiungere il paese.

Insomma, le mie giornate non si assomigliano mai… ma forse è proprio questo che mi piace di più.



9) Cerco sempre di essere fedele a me stessa e di mettere la mia identità in tutto ciò che faccio, sia nelle mie canzoni che nelle cover. Non cerco — e non voglio — essere uguale a nessuno: il mio obiettivo è essere soltanto me stessa.

Ovviamente ho artiste e artisti che stimo profondamente e da cui traggo ispirazione. Tra tutti, quella che sento più vicina al mio mondo è Elisa: la sua sensibilità, la sua scrittura e il suo modo di stare sul palco sono per me una grande fonte di ispirazione.


10) Per me il look deve rispecchiare chi sono come artista. Io sono molto timida, introversa, spesso con la testa tra le nuvole: un po’ svampita e ingenua, ma quando canto so esattamente cosa sto facendo. Con il look cerco di valorizzare proprio questo contrasto.

Non punto ad essere appariscente con accessori esagerati e, quando capita, non è mai intenzionale: semplicemente mi piace così. Gli artisti, in fondo, sono sempre un po’ ‘strani’ rispetto agli altri. A volte metto un nastro bianco tra i capelli perché mi piace e perché dà davvero un’idea di leggerezza, di ‘essere un po’ nell’aria’. Altre volte indosso scarpe diverse — come è successo alla prima puntata de La Corrida a cui ho partecipato — perché molti anni fa mi è venuta l’idea di usare lo stesso modello ma con colori differenti. Con la mia testa tra le nuvole, può sembrare che non l’abbia fatto apposta… e mi piace anche giocare su questo aspetto.

In generale, nei miei outfit cerco sempre di mantenere un mood che trasmetta purezza, semplicità e una certa fragilità: sono elementi che fanno parte della mia natura e che voglio portare anche sul palco.




11) Cerco di mostrare il mio talento anche attraverso i social, anche se devo ancora capire fino in fondo come funzionano gli algoritmi. Per me restano uno strumento utile per far conoscere la mia musica e raggiungere persone che magari non mi hanno mai sentita dal vivo.

Una cosa che amo fare è andare a cantare in strada e aprire delle live su TikTok mentre mi esibisco: è un modo diretto e spontaneo per condividere ciò che faccio, senza filtri e senza costruzioni. Mi piacerebbe che i social diventassero un ponte tra me e chi si riconosce nel mio modo di cantare, più che una vetrina perfetta. Voglio che guidino la mia musica in modo autentico, non costruito.


12) Se potessi scegliere un periodo musicale in cui vivere, credo che sceglierei qualche decennio fa, quando artiste come Giorgia o Elisa erano agli inizi della loro carriera. Un po’ perché, a differenza di oggi, in quel periodo si dava molto valore ai talenti puri, non artefatti: cantanti che sapevano davvero fare il mestiere, in tutte le sue sfumature.

E poi perché penso che allora ci fosse meno concorrenza rispetto a quella di oggi, e riuscire a emergere fosse leggermente più semplice. Mi affascina l’idea di un’epoca in cui la musica veniva ascoltata con più attenzione e profondità, e in cui la qualità vocale e artistica era al centro di tutto.



13) Quando ero agli inizi, l’ansia da prestazione era molto più forte rispetto a oggi, semplicemente perché avevo meno esperienza di palchi. Con la gavetta ho iniziato a padroneggiare meglio la situazione, e mi ha aiutato molto anche aver partecipato – e vinto – a un programma televisivo.

Questo però non significa che ora l’ansia non ci sia più, anzi: credo sia una componente sana e normale, e tuttora la sento. La differenza è che oggi ho imparato a gestirla meglio e a convertirla in energia positiva per l’esibizione. Naturalmente ci sono contesti che mettono più tensione e altri che ne mettono meno.

In generale, penso che le cose che aiutano di più siano la gavetta – quindi fare tanta esperienza di palco – e la sicurezza nei propri mezzi, che si costruisce lavorando sull’autostima artistica.

Se invece parliamo di accorgimenti immediati, soprattutto per chi è agli inizi e sente l’ansia molto forte, consiglio sempre degli esercizi di respirazione: aiutano a rilassarsi e a rientrare nel corpo prima di salire sul palco.


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