Un artista poliedrico ed impegnato con molte sfaccettature interessanti. Si sa che quando ci si trova di fronte ad una persona di questo tipo è difficile poter spiegare tutto il mondo interiore che lo caratterizza. Appena Riccardo Russo lo presenta mi colpiscono immediatamente il timbro di voce profondo e dosato e la cura particolare con cui ha scelto di arricchire la propria stanza. Vedo subito una scritta sempre avanti ed un leggìo che si intravede sullo sfondo. Piccoli dettagli che ci dicono molto sulla personalità di Giacomo Lariccia.
Sempre avanti per inseguire sempre quello che si ama.
Intervista a cura di Riccardo Russo.
R. Russo:
Che ci fai a Bruxelles?
G. Lariccia:
Bruxelles è stata la città che ho scelto 21 anni fa per passare tre mesi della mia vita. Il 25 settembre è quello che io chiamo il mio emigranno. Mi sono trasferito a Bruxelles per studiare al conservatorio. Io mi ero appena laureato a Roma, avevo appena finito l'Università, ma volevo, con molta determinazione, fare musica. Volevo che la musica diventasse totalizzante. Quindi decisi di fare questa esperienza al conservatorio che, per una serie di motivi, era una città che rispondeva alle mie esigenze, anche perché gli affitti erano molto bassi.
Quei tre mesi alla fine sono diventati 21 anni. Bruxelles è una città in cui si vive concretamente l'essere una comunità europea e questa per me è un'esperienza emozionante.
R.Russo:
Guarda io ho trovato delle informazioni su di te che riferiscono che tu sei un cantautore che lascia l'Italia e trova l'America in Europa. L'America in che senso?
G. Lariccia:
L'America perché è qui che ho realizzato i miei sogni. Io sono venuto qui perché volevo fare jazz, volevo studiare in maniera totalizzante il jazz. Al conservatorio ho passato i miei primi 5 anni di vita, studiando come un pazzo. Alla fine, dopo il primo disco come solista, come chitarrista, mi rendo conto che non è la mia strada e che avevo una profonda insoddisfazione a fare quella vita: i concerti, le jam session. Per una serie di coincidenze, mi ritrovo a prendere in mano quei dischi che mi facevano tanto battere il cuore da adolescente, Bennato, De André, Gaber. Da questi ascolti è nata per la prima volta la voglia di scrivere testi e proporli e paradossalmente da Bruxelles sono arrivato a suonare in diversi paesi d'Europa, ma anche in Sud America ed in Oriente, Arabia e Gerusalemme.
R.Russo:
Scopri la potenza della parola, ovvero la possibilità di comunicare la musica stessa e la parola musicata è un tramite, anche perché non vivendo in Italia penso che tu abbia dovuto affrontare la difficoltà di cantare in italiano in posti dove non si parla e non viene capito...
G. Lariccia:
...Che poi questa necessità che tu dici, è strana, perché la sentivo molto forte dentro di me, dopo questo primo mio disco e aver suonato con la chitarra, avevo un grande desiderio di raccontare storie. Cosa che non potevo fare con la mia chitarra da sola, se non attraverso i titoli delle canzoni. Quello che potevo fare è comunicare delle emozioni con lo strumento, ma non mi bastava ed ho iniziato a scrivere testi dove narravo storie. Negli anni, continuando a fare una ricerca e a cambiare come persona, mi ritrovo a tagliare il più possibile quello che è il racconto per cercare di arrivare ad una forma espressiva, artistica che arrivi al cuore, in uno spazio non cosciente, non razionale delle persone.
R. Russo:
Di cosa tratta Ricostruire?
G. Lariccia:
Ricostruire era un concept album, nato in un periodo molto difficile della mia vita che sono riuscito a trasformare in musica. L'album parla delle fragilità umane. Un disco molto sussurrato e delicato. Così ho deciso di affrontare questo tema. Questo è un disco alla quale sono ancora molto legato. Vi faccio vedere l'album e l'immagine che lo rappresenta, ovvero un volto con intrecci di rami senza foglie.
R. Russo:
Mi piace la scelta del tuo linguaggio semplice, che comunichi senza ricercare l'accordo complicato nelle tue creazioni...
G. Lariccia:
C'è stato proprio un rifiuto della complessità. Mi sono detto: perché crogiolarsi tanto a dire le cose in maniera difficile quando è così bello dirle in maniera semplice. Così come dicevano gli U2: Tre accordi e una verità. Una verità che ognuno può esprimere come vuole.
R. Russo:
Adesso ascoltiamo il tuo brano, che fa parte per l'appunto dell'album Sempre avanti, la stessa scritta che hai proprio dietro di te...
CURIOSITA':
- Il brano si ispira ad un vissuto autobiografico del cantante, una storia d'amore vissuta a Bruxelles che si scontra con una costante limitazione della libertà.
- Nel testo l'espressione i racconti dell'Oriente fanno riferimento alle storie narrate dalla moglie (nata a Gerusalemme), fatte di gioia, cultura e tradizioni, ma anche di sofferenza e dolore.
- La citazione all'11 settembre è un simbolo che il cantante ha voluto utilizzare per esprimere una forma di ostacolo della libertà umana e che ha generato come conseguenza la nascita della paura.
- Il processo creativo che ha portato alla creazione del brano parte sempre da una parola istintiva, emotiva, che fa poi nascere una melodia o viceversa. Il tutto nel flusso incalcolabile della vita.
- Sito web di riferimento di G. Lariccia è
http://PATREON.giacomolariccia.com
G. Lariccia:
L'ispirazione musicale del brano arriva da mio figlio e dai suoi ascolti musicali.
Un giorno mi fa: senti che figo questo pezzo di Eminem!
C'era questa quinta aumentata e l'ho riadattata al mio pezzo in chiave completamente diversa.
R. Russo:
Qual' è il consiglio che dai per cercare l'America altrove come hai fatto tu?
G. Lariccia:
Oggi la tecnologia permette di registrare a costi moderati qualsiasi tipo di musica ed è possibile esprimersi con pochi mezzi, ma non bisogna mai abbandonare lo studio e la preparazione. La faccia te la devi fare, il cervello devi riempirlo e l'anima la devi nutrire con qualcosa...
E con questo ringraziamo Giacomo Lariccia che si augura di poter di nuovo suonare live con tour e concerti, dopo il periodo buio del Lockdown e della, per l'appunto, limitazione della libertà, ma noi attraverso le sue parole romperemo insieme a lui queste catene invisibili per creare nuovi e possibili orizzonti.
E per fare questo bisogna guardare e percepire Sempre avanti, come marinai in continuo viaggio e alla continua ricerca del proprio approdo.
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