Loro sono una band formata da tre elementi: Riccardo, Laura e Vittorio.
Pronti a scoprire la loro storia?
Intervista a cura di Riccardo Russo:
R:
Perché Mendicanti di Luce?
R:
Potrebbe sembrare che il nostro nome abbia una lunga e strana storia, ma in realtà è il titolo di una canzone del primo album che abbiamo prodotto. Ci piaceva il brano e abbiamo deciso di riprendere il titolo ed utilizzarlo per la nostra band.
R:
Presentatevi personalmente...
R:
Io sono Riccardo, tuo omonimo praticamente. Nella band mi occupo principalmente di suonare la chitarra e di cantare. All'occasione suono anche il pianoforte. Scrivo anche i testi e la stesura musicale con l'aiuto dei miei colleghi ai miei lati.
L:
Io sono Laura, la bassista della band. Mi impegno il più possibile a fare le seconde voci. Suono occasionalmente anche la chitarra. Sono arrivata nella band un anno fa. L'altra new entry, che è entrata insieme a me, si chiama Vittorio.
V:
Buonasera a tutti, mi chiamo Vittorio e suono la batteria. Mi occupo del motore ritmico della band; talvolta suono la tastiera.
R:
La conoscenza e la competenza nel saper suonare altri strumenti è sicuramente un valore aggiunto per la vostra band. Ho visto che ci sono già diversi vostri brani in streaming.
R:
Sì, su Spotify c'è il primo album del 2018 che si chiama Incipit; nel 2022 nasce un EP di 5 brani che si chiama, Contro la parte più bella, un titolo più esteso. Tutti brani che richiamano esperienze di vita personale o anche storie inventate di episodi che possono accadere.
R:
Io vorrei sapere da Laura che cosa ne pensa del ruolo della donna nel contesto musicale? Tu sei una ragazza che suona uno strumento musicale ed è risaputo che in Italia c'è ancora molto patriarcato in questo settore...
L:
Da quando ho imbracciato lo strumento da adolescente mi è capitato effettivamente di collaborare con ragazzi e pochissime volte con ragazze. Le ragazze le ritrovi più alla voce come cantanti. Io penso ci sia per l'appunto una ragione sociale. Nella storia della musica ci sono pochi esempi di donne che suonano lo strumento; pertanto una ragazza si sente poco spronata ad iniziare perché non ha degli esempi, dei modelli di riferimento che possa seguire. C'è poca rappresentanza femminile in questo ambito.
R:
Il vostro genere musicale?
V: Il genere che ci rappresenta meglio è l'Indie Rock; però ci possono essere altre influenze.
Quando suoniamo in acustico, ad esempio, abbiamo uno stampo più cantautoriale. Poi molto dipende anche dal modo personale di suonare di ognuno di noi.
R:
Sì, sono d'accordissimo con quello che ha detto Vittorio e vorrei anche aggiungere che noi cerchiamo anche di sdoganare un po' la figura del cantautore classico con cappello in testa e barba lunga e la chitarra in mano. Siamo dei cantastorie rock!
R:
Come funziona il processo creativo?
R:
Nel 90% dei casi mi presento con la chitarra acustica in sala prove e canto un testo con la melodia sotto forma di bozza. Poi grazie a Vittorio e Laura avviene la magia dell'arrangiare il brano, che potrebbe prendere una direzione completamente diversa da quella che pensavo. Da lì si capisce il tipo di piglio che prenderà il brano. Il bello è proprio questo, che ognuno di noi porta il suo contributo musicale originale.
V:
Riccardo è la penna del gruppo, perché al momento scrivere una canzone per intero non l'ho ancora fatto. La prima cosa che ho fatto, entrata nella band, è stato imparare a memoria i pezzi musicali del primo album.
R:
Bene, credo che sia giunto il momento di presentarci il brano allora.
R:
Il titolo è Saint Gobain ed è tratto dal primo album del nostro disco. La canzone tratta di una storia molto seria, a tratti triste e prende spunto da una mattina grigia di incolonnamento nella nostra città di Vicenza. Mentre ero in macchina, lungo la tangenziale, lessi il marchio di una nota marca di vetri. Da lì in poi mi sono inventato una storia in cui fa da protagonista una fabbrica produttiva in un mondo piuttosto alienato.
R:
Come nascono i tuoi brani? Sono esperienze basate sulla realtà o sono filtrate da episodi di situazioni estranee a voi?
R:
Andando a risentire i brani del mio precedente album, mi rendo conto che alcuni di quei brani sono il frutto di situazioni artificiali, ovvero di fantasia, create appositamente per parlare di un argomento reale, ma che non ho vissuto in prima persona. Per far un esempio, nell'album Incipit, c'è un brano che si intitola alter ego; sebbene parli di me, ho voluto creare un personaggio fittizio che al posto mio descrivesse me stesso e le paranoie di un ragazzo di 24 anni.
Negli ultimi tempi invece, come testimonia l'ultimo EP, in particolare in Satelliti, mi piace provare a raccontare cose che mi rappresentano.
R:
Quante volte vi vedete a settimana per provare?
V: Sicuramente una volta a settimana; tuttavia quando si avvicina un live ci vediamo di più.
R:
Potete definirvi anche amici nella vita privata?
V:
Assolutamente sì! Io penso che senza amicizia una band fa fatica ad avere anche quell'interplay...
R:
Il rapporto con una band è molto simile a quello di un rapporto di coppia.
R:
Programmi per i progetti futuri?
V:
Stiamo scrivendo materiale nuovo e stavo pensando che sarebbe bello registrare il tutto in una sala studio e pubblicizzarlo nei nostri canali social.
L:
Nell'immediato abbiamo in programma alcuni live in location molto particolari!
R:
Esatto, esatto, anche duetti acustici grazie a queste canzoni che assumono un'altra anima in versione live. Su youtube si possono trovare le versioni acustiche delle nostre canzoni. La prossima location dove andremo ad esibirci è in una biblioteca di Vicenza, in cui tra libri e luci soffuse racconteremo delle storie; invece un altro concerto acustico ci sarà ad Udine (Sofar Sounds) , dove performeremo davanti ad un pubblico più silenzioso, seduto, che ascolta le storie di questa rassegna.
Ovviamente stiamo aspettando anche l'occasione di poter suonare su un palco che ci dia la possibilità di alzare il volume delle nostre chitarre!
R:
Vi producete da soli?
R:
Per la parte della produzione sì, ma ultimamente stiamo collaborando con una community di artisti che si chiama Team Track Factory. Stiamo iniziando una collaborazione artistica con un'etichetta di cui ancora non dico il nome per scaramanzia!
APPROFONDIMENTI:
- Nell'intervista avete detto che il nome, Mendicanti di Luce, fa riferimento ad uno dei brani del primo album che avete scritto e prodotto. Allora mi viene da dire...di cosa parlava questo brano?
Il brano Mendicanti di Luce chiude il nostro primo album "INCIPIT" è un brano semplice e diretto che riassume tutte le speranze e di una band di ragazzi, allora, poco più che ventenni. Ancora oggi la sentiamo una canzone che ci rispecchia, fa sempre fare un pensiero di positivo grazie a testo e musica che ci infondono una bella energia, è ciò che ci piacerebbe provasse anche chi l'ascolta.
Quando e come nascono i Mendicanti di Luce? Più nello specifico, come vi siete incontrati e come siete diventati una band?
I Mendicanti di Luce partono dal lontano 2012 dall'incontro di 4 amici del paese berico di Barbarano Mossano. 2 di questi fino al 2022 hanno sempre sostenuto la causa, ma nel mese di febbraio, Riccardo (unico superstite ed autore dei brani) dopo qualche mese da solista e ricerche estenuanti tra gli annunci, conosce Laura e Vittorio e i tre "ricompongono i cocci" ed eccoci qui più affiatati che mai!
Perché avete scelto come genere l'Indie Rock e come lo rappresentate musicalmente?
Non c'è stato nulla di scritto o di formale nella scelta del genere, ad oggi è quello che meglio lega i testi delle canzoni alla parte musicale. Forse ci piace anche pensare che la scena italiana era più indirizzata a questi generi tra i fine 90 e inizio 2000 (Verdena, Afterhours, Negrita etc) quindi nella banalità del genere ci sentiamo comunque "diversi" da molti altri.
Come e dove è stato realizzato il videoclip?
Il videoclip è stato realizzato grazie alla sapiente regia di un amico: Alessandro Rindolli (che ora ha all'attivo 3 film con anche partecipazioni al festival di Venezia) che ha sviluppato la trama partendo dalle atmosfere del brano.
È stato realizzato presso una stanza di un centro comunitario per la parte dello storyline ed una fabbrica industriale per il playback.
Nel videoclip, che cosa rappresenta l'uomo che dipinge? Sembra quasi che alla fine del brano rimanga imprigionato nel suo stesso quadro. Qual è il significato che volevate dare a questa immagine/scena?
L'uomo del video è la metafora di tutte le nostre angosce, che lo portano lentamente alla pazzia. Tragicamente il protagonista cerca rivalsa, ma, come dice il testo, è già passato a miglior vita e non ha più possibilità di "cambiare ciò che è stato". E i manichini bianchi che rimangono rappresentano il ricordo di quelli che furono i suoi cari.
Perché il protagonista del video scrive quelle parole sulla tela bianca?
La scritta delle parole è puramente una scelta stilistica, ci piaceva trovare un modo per rafforzare il testo del brano e la "pesantezza" di ogni vocabolo.
Avete mai partecipato ad un contest musicale? Se sì quale?
Si abbiamo partecipato a molti contest nell'arco di più di 10 anni di attività, dei quali vinti o scelti per le fasi finali molto pochi!
Ora ci interessano soltanto quelli che prevedono l'esibizione su un palcoscenico, non in una birreria si intenda, ma al piccolo festival o al centro sociale di turno.
Del passato ci piace ricordare il locale Vicenza Net Music nel quale vincemmo il premio della giuria di qualità e lo Stage Alive che ci portò a suonare in Olanda.
Quanto la città di Vicenza vi ha influenzato artisticamente?
Vicenza è amore ed odio, piena di festival indipendenti e band di musica inedita super interessanti, dall'altro lato (piccolo sfogo) una città dove da anni proviamo ad inserirci nella line up di qualcuna di queste feste ma per qualche strano motivo boh, non piacciamo agli organizzatori.
A Vicenza è anche presente il nostro festival preferito "Un posto in cui tornare" (Cercatelo!)
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