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È uscito l’EP dell’artista “LeUltimeParoleFamose”, dal titolo BORDOLINEA, una raccolta di tre brani che descrive le emozioni ed i suoi eccessi.

Copertina dell’album creata dalla grafica Camilla Folino
Copertina dell’album creata dalla grafica Camilla Folino

La composizione della copertina è intensa, onirica, circondata da un alone rosso che conferisce all’immagine un senso di drammaticità, passionalità e decadenza.


Nell’immagine coesistono due realtà complementari che uniscono la vita alla morte, l’amore con l’odio, la leggerezza alla profondità dell’esistenza umana.


I simboli che ci aiutano a capire il significato profondo del brano Bordolinea sono:


I fiori, simboli naturali di bellezza e prosperità, ma anche di decadimento; l’irrompere di un’ape che rappresenta l’attrazione, ma anche il pericolo; l’incombere di una farfalla che invece suggerisce leggerezza, ma anche fragilità.


Tutto questo è rappresentato nell’EP di tre brani, intitolato Bordolinea, che richiama il concetto di confine e soglia.

I brani, infatti, aiutano a riflettere sulle dinamiche emozionali che coinvolgono l’esistenza umana, che talvolta sfociano in veri e propri drammi al limite dell’eccesso.

Che durata ha il dolore o la felicità? Che limite c’è alla sofferenza quando si tratta di sentire troppo?

Bordolinea è la chiara rappresentazione emotiva dello stare in bilico, sull’orlo di fronte ai sentimenti e alle decisioni o cambiamenti della vita.

Sta solo a noi la scelta di fare quel passo per salvarci, ritrovare noi stessi e l’equilibrio interiore o per cadere dal precipizio, perché nello stare troppo al bordo prima poi ci si fa male davvero.





- perché “Leultimeparolefamose”? Spiegaci come mai hai scelto questo nome.


Trovare il mio nome d’arte non è stato semplice. Finché una sera, mentre facevo un aperitivo con un mio amico, ho fatto cadere i cocktail dal tavolo (sono molto maldestra), al che esclamo: 'Ecco, le ultime parole famose!' Lo guardo e penso: potrebbe essere questo il mio nome d’arte di sicuro mi rappresenta. Amo l’autoironia, e provo sempre a inserirla nelle mie canzoni. Così, tra una risata e un cocktail rovesciato, è nato il nome d’arte!



- di dove sei e come la tua città ti ha influenzato artisticamente.


Sono di Roma, una città che è un vero e proprio museo a cielo aperto. Crescere circondata da tanta bellezza, arte e storia mi ha insegnato ad avere uno sguardo curioso e attento, cercare la bellezza nei dettagli perché ogni angolo di questa città racconta qualcosa.

Di Roma amo il modo in cui passato e presente coesistono: tra rovine antiche e palazzi moderni. Questa convivenza mi ha spinto, artisticamente a cercare un mio linguaggio che unisca tradizione e contemporaneità, ma soprattutto a dare voce al mio sentimento preferito: la nostalgia.


- Raccontaci il tuo percorso musicale dalle origini fino ad oggi.


- Il mio percorso musicale inizia da piccola con lo studio del pianoforte poi durante l’adolescenza ho iniziato a frequentare le prime scuole di musica mettendo su anche delle cover band/progetti. Ho sempre scritto canzoni ma inizialmente più con lo scopo di un diario segreto, uno sfogo fine a se stesso, solo dopo ho capito che quella era la strada che volevo seguire. Per l’università mi sono trasferita a Milano, volevo studiare musica, ho continuato a scrivere canzoni e ho sempre lavorato in varie cover band come cantante. Finché non ho conosciuto Zibba, partecipando ad una sua mastercalss di scrittura creativa con il suo lab 22. Ed eccoci qui, oggi è il mio produttore e stiamo collaborando insieme .


- Quando hai capito che fare l’artista era la tua strada? C’è stato un evento in particolare che te lo ha fatto comprendere?


Non c’è stato un momento nello specifico, per me la musica è sempre stata una necessità, ho provato anche a fare altro ma è l’unica cosa che mi rende davvero felice.


- Raccontaci l’iter del processo creativo che segui per la creazione di un brano e da cosa ti lasci ispirare.


Sono una persona molto istintiva e quindi ho questo approccio anche nella creazione delle mie canzoni. A volte tutto parte da una melodia che ho in testa e provo a svilupparla su Logic, o semplicemente mi metto al pianoforte e inizio a tirare giù accordi che mi piacciono per poi provare a costruirci una canzone, a volte nasce prima il testo, dipende, mi lascio trasportare dal momento.


- Parlaci del tuo EP: di cosa parlano le tre canzoni, TU, PERDERSI SEMPRE e CON ME? Quale filo conduttore le accomuna?


Il filo conduttore, credo, sia l’eccesso: vivere la vita e le emozioni al limite, con intensità, colori forti, in modo totalizzante. Senza risparmiarsi, nel bene e nel male. Di conseguenza, questo porta inevitabilmente a stare sul bordo, al margine, in bilico, proprio come suggerisce il titolo dell’EP: Bordolinea. E da quella posizione scomoda nasce la necessità di fare i conti con sé stessi, cercando un equilibrio tra gli estremi che fanno parte di noi.


"TU" è un grazie a chi rimane al nostro fianco nonostante le difficoltà della vita e i nostri difetti. È un ringraziamento alle persone che diventano punti fermi nella nostra vita, veri e propri “porti sicuri” in cui approdare quando tutto intorno a noi appare incerto e abbiamo la sensazione di navigare nel buio.


La seconda traccia dell’EP è “PERDERSI SEMPRE”. Attraverso l’ironia, volevo parlare dell’instabilità interiore, di quei momenti in cui ci si sente in balia degli sbalzi d’umore e dei continui “lavori in corso” per cercare di capirsi. È il racconto di un viaggio personale che raramente è lineare, e forse è proprio questo il bello: perdersi, ogni tanto, aiuta anche a ritrovarsi. E alla fine penso sia meglio così, una vita tutta dritta sarebbe un po’ noiosa.


Infine, l’EP si chiude con il brano “CON ME”, una riflessione sulla paura di innamorarsi. In questo caso, l’eccesso si manifesta nell’incapacità di gestire la propria emotività, in un continuo conflitto tra il desiderio di vicinanza e il timore che quella stessa vicinanza possa distruggere, perché l’amore disarma.

Il brano parla di evitamento come meccanismo di difesa dalla vera intimità, ma si conclude con la consapevolezza che è una battaglia persa in partenza: i sentimenti non si possono controllare, ti invadono e basta.


- Che collegamento c’è con il titolo “Bordolinea”?


"Bordolinea" è una parola che ho inventato, ispirandomi al concetto del disturbo borderline di personalità (BPD – Borderline Personality Disorder). Non sono una psicologa ma ho voluto esplorare, attraverso la musica, alcuni temi emotivi e comportamentali che si avvicinano a certe dinamiche tipiche di questo disturbo, in senso più ampio e simbolico. Ogni brano dell’EP ne affronta un aspetto diverso:


"TU" riflette il bisogno di un’ancora affettiva stabile. Chi convive con fragilità emotive simili a quelle del BPD può vivere un'intensa paura dell’abbandono, che rende le relazioni profondamente complesse.

"PERDERSI SEMPRE" parla dei cambiamenti di umore improvvisi, della difficoltà nel percepirsi in modo stabile e coerente, e della sensazione costante di smarrimento rispetto alla propria identità.

"CON ME" affronta il tema dell’amore vissuto in modo totalizzante, dove la difficoltà nel gestire l’intimità emotiva può sfociare in relazioni instabili, comportamenti autodistruttivi e paura della vicinanza vera, perché disarma e fa sentire vulnerabili.

"Bordolinea" rappresenta, quindi, quella soglia emotiva dove tutto è intenso, è vissuto al limite, non esistono sfumature ma contrasti: si cerca un equilibrio pur vivendo in costante tensione tra desiderio e paura, vicinanza e fuga, identità e disorientamento.


- Descrivici il significato della copertina dell’album.


Questa copertina l’ha realizzata Camilla Folino, una mia cara amica ma soprattutto una grafica bravissima e appena l’ho vista mi ha conquistata immediatamente. Il suo gusto romantico, l’ape in bilico, perfetta per Bordolinea. E in più, ci vedevo dentro un non so che di nostalgico, che è il mio sentimento preferito, mi ha proiettato nell’immaginario estetico di cui avevo bisogno.


- Sono rimasta molto colpita dal tuo profilo Instagram, dalle luci e dall’atmosfera che emanano tutte le ambientazioni. Che cosa vuoi trasmettere con queste vibes?


Ho sempre condiviso i miei contenuti sui social in modo istintivo, e forse è per questo che il mio profilo IG appare caotico, ma in fondo lo amo così, perché mi rappresenta. Mi attraggono i colori intensi, le foto in movimento, le atmosfere crepuscolari e le luci sfocate. Amo catturare la magia notturna della città, quel disordine poetico che assomiglia ai sogni: confuso, imperfetto a volte ermetico.


- Come si struttura una tua performance dal vivo?


Lo sto ancora capendo perché sono una emergente e ho iniziato adesso a fare i miei primi live, però quello che vorrei è che sia un live avvolgente, fatto di emotività e di divertimento, con musica prevalentemente suonata dal vivo, infatti ho messo su la mia band, ho la fortuna di suonare con i miei amici del conservatorio e sono molto contenta di questo perché non c’è cosa più bella che condividere questa esperienza insieme.


- Raccontaci una tua giornata tipo.


Dipende, ci sono sempre tante cose da fare, diciamo la mia giornata preferita è quando posso pensare solo alla musica. Mi alzo, caffè e mi metto a suonare al pianoforte e a creare nuova musica.


- C’è qualche artista del passato da cui hai preso ispirazione?


Ce ne sono tanti a dire il vero, sono una grande fan di Stevie Wonder, Aretha Franklin negli ultimi anni mi ha influenzato molto Mac Miller, lo considero del passato anche se è un artista recente solo perché purtroppo è venuto a mancare.


- Come curi il look artistico?


Non ho un vero e proprio “look artistico” studiato a tavolino. Cerco semplicemente di essere me stessa anche nell’aspetto. Mi interessa di più che le persone ascoltino davvero le canzoni, più che fermarsi all'immagine.


- Se potessi rinascere in quale periodo musicale sceglieresti di vivere?


Senza dubbio vorrei essere lì, tra la folla del concerto di Woodstock. Quegli anni erano attraversati da un fermento artistico travolgente: la musica era tutto: protesta, identità, libertà. Un linguaggio collettivo, profondamente politico e carico di significato.

Oppure, mi piacerebbe rinascere negli Stati Uniti tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50, per perdermi nei club dove suonavano giganti come Dizzy Gillespie, uno dei padri del bebop, e Miles Davis, pioniere del cool jazz. E poi ascoltare la delicatezza di Chet Baker, che amo follemente. Il cool jazz è un mondo musicale che sento profondamente mio.


- Come gestisci l’ansia da prestazione prima di una performance?


Non la gestisco la ascolto, ci parlo e riconosco di aver l’ansia. Questa cosa mi ha bloccato a lungo non mi ha fatto salire su un palco per 4 anni. Adesso quando devo salire su un palco semplicemente ringrazio l’ansia perché significa che ci tengo. E poi mi concentro su quello che vorrei da quella serata, ovvero emozionare e far stare bene chi ascolta la mia musica. Io sono solo un mezzo e non sarò mai perfetta, voglio solo vivere a pieno il momento e lasciarmi trasportare dalla musica.

 
 
 

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