NOI – Visioni e Vibrazioni oltre lo Sguardo
- Luigia Tamburro

- 18 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 20 lug

Vi presentiamo “NOI”, un’esperienza artistica che unisce musica e immagine al fine di trasportare lo spettatore/ascoltare in un viaggio sensoriale in cui tutto può assumere un significato nuovo, intimo e personale, ricco di visioni, vibrazioni ed interpretazioni.

Le immagini mettono in discussione la nostra idea razionale di realtà, conducendoci in un mondo fatto di luce, ma anche di tenebre, di speranza e di paura.
Lo sguardo dello spettatore è il vero protagonista dell’opera che, grazie alla musica, può immergersi completamente e liberamente in una personale interpretazione, in cui il singolo diventa simbolo archetipico collettivo, emblema della vicinanza dei sentimenti tra gli esseri umani.
La mostra “Noi” ci mette di fronte alla nostra natura duale e a come questa comporti la possibilità di scegliere, ogni volta, un sentiero diverso.
Sta a noi decidere se intraprendere questa strada da soli, uniti o frammentati.
1. Come nasce il collettivo “Es Nova”?
Il collettivo Es Nova nasce nel 2015 dalla volontà di Erica Agostini, Alice Drudi e Nicola Rosti di esplorare il nostro modo di fare musica, svincolato dalle convenzioni della performance tradizionale alle quali eravamo abituati. Il progetto si fonda sulla composizione estemporanea e non solo, su una comunicazione intuitiva tra i membri, e sull’apertura all’errore e all’aleatorietà. Fin da subito, la dimensione collettiva e il rapporto con altri linguaggi artistici (arti visive, fotografia, cinema, filosofia) sono stati elementi centrali. Quest’anno, durante il lavoro congiunto tra Es Nova ed Etery Studio di Erica Agostini, abbiamo dato vita alla mostra NOI.
2. Quali sono le città che vi hanno influenzato artisticamente?
Per alcuni di noi senza dubbio Londra e Bristol in particolare, in quanto abbiamo vissuto lì per un certo periodo. Non meno il clima artistico di Berlino e della Svizzera. Pensiamo comunque che l’Italia in generale, spesso criticata per la poca attenzione rivolta alla scena artistica e agli artisti in particolare, abbia non solo un patrimonio immateriale straordinario, ma anche la capacità di suscitare idee, creare connessioni, regalare nuove intuizioni a chi la vive da vicino.
3. Qual è stata l’intuizione per la mostra immersiva “Noi”?
NOI nasce dal desiderio di esplorare la soggettività umana in modo profondo, attraverso fotografia e musica, per far emergere le molteplici identità interiori che abitano ciascuno di noi. L’idea è che l’individuo sia sempre “altro da sé”, un teatro interno di voci e figure, e che NOI rappresenti una possibile ricomposizione simbolica di questa pluralità.
4. Perché mettere proprio il focus su una sequenza di un ritratto in movimento al buio in un paesaggio collinare?
Il ritratto in movimento nel buio collinare rappresenta visivamente il tentativo dell’essere umano di emergere dall’oscurità interiore. È una forma di simbolismo visivo: il nero non è più negazione e la luce non è solo rivelazione. Questo scenario rappresenta una soglia tra presenza e assenza, visibile e invisibile, come lo è la voce nella musica. L’immagine e il suono lavorano insieme per generare una dimensione percettiva "altra".
5. La frase “Cosa volete ch’io chieda. Lasciatemi nel mio buio. Solo questo. Ch’io veda.” Che cosa sta a significare per voi?
La frase di Giorgio Caproni è molto densa di pathos e ci rimanda a temi legati alla solitudine, al voler guardare un al di là distante, quasi spiando da un foro nel muro. Tuttavia, il nostro discorso artistico si sviluppa maggiormente a partire da una vicinanza e da un legame con gli altri e con l’Altro.
6. Perché il titolo “Noi”?
Il titolo NOI riflette sia la pluralità interiore dell'individuo, che la dimensione collettiva dell’identità. Il progetto indaga il continuo intrecciarsi di volti e riflessi, dove l’identità si dissolve e si ricompone tra maschere che indossiamo e verità che sfuggono, rivelando come siamo sempre il frutto di molteplici sguardi e storie sovrapposte. NOI indica una tensione tra l’uno e il molteplice, tra l’interiorità individuale e quella condivisa in un tessuto relazionale più ampio.
7. Sapete darci i titoli dei brani che vengono riprodotti durante la performance?
I brani sono tre e saranno diffusi sia tramite sistema di amplificazione sonora che in cuffia per un’esperienza musicale più raccolta, quasi meditativa. I titoli sono: Trio, Duo, Solo.
8. Quale connessione volevate ricreare mettendo insieme musica e immagine?
L’intento era creare una terza dimensione percettiva: un’esperienza in cui suono e immagine si fondono, superando la somma delle parti. Entrambi i linguaggi lavorano su polarità comuni (luce/buio, presenza/assenza) per attivare nello spettatore un movimento interno. La musica diventa la voce dell’immagine e viceversa, in un flusso che stimola connessioni interiori e sensoriali.
9. Che impatto ed esperienza volete far provare allo spettatore?
Vorremmo che il visitatore si trasformi in co-autore dell’opera. L’ esperienza è soggettiva e può essere attiva, intima, trasformativa, capace di toccare il vissuto personale di ognuno. Durante questa dimensione astratta e simbolica, avviene una tensione in cui da un lato si dissolve l’unità e dall’altro si cerca di ricomporla. Lo spettatore è nella condizione di percepirsi come frammento, ma anche come parte di un’unità possibile. I movimenti trasformativi creati dalla fotografia e dalla musica,diventano un attivatore in grado di fare emergere le molteplici voci, le maschere, i volti che abitano nel nostro spazio interiore. Nel momento in cui qualcosa di questa unità viene interiorizzato dal singolo spettatore, il processo si compie.









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