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Once Upon a Time in Hollywood: i luoghi dell'incendio di Los Angeles nelle memorie musicali Pt.2 (Erranze Notturne)





Partiamo dal Sunset Sound Reocording Studio di cui abbiamo parlato nello scorso articolo,


Andiamo verso il tramonto lungo Sunset Boulevard, un tramonto che dopo questi giorni non sarà più lo stesso. Svoltiamo a sinistra imboccando la Highland Avenue e dopo aver camminato per qualche minuto giriamo a destra prendendo la Fountain Avenue. Continuiamo dritti verso ovest fino ad incontrare la North Sycamore Avenue e qui svoltiamo a sinistra un’ultima volta. Superiamo la Lexington Avenue e anche la Santa Monica Boulevard e dopo pochi passi eccoci arrivati: Record Plant Studio. Se però facessimo un salto indietro nel tempo di cinquant’anni non lo troveremmo più in questa strada, ma dovremmo fare pochi chilometri in più per arrivare nella West Third Street. 

È il 30 luglio 1975. Tom Waits entra negli studi suddetti, ma non per registrare un semplice album, ma alcune tracce live. L’idea era arrivata da una chiacchierata con Leonard Cohen, il quale gli aveva suggerito proprio questo tipo di registrazione. Il fine era quello di mettere in risalto non solo le sue canzoni, ma anche il suo humor e la capacità di interloquire e raccontare storie al pubblico. Inizia le registrazioni con un piccolo pubblico e la sera seguente (quella del 31 luglio) replicherà al Wally Heider Studio situato più a nord, più isolato sulla North Cahuenga Street, su una collina situata poco più a Ovest rispetto a quella con la celeberrima insegna di Hollywood. Mi piace immaginare come doveva essere l’atmosfera, soprattutto in quest’ultimo studio più “appartato”, con le luci calde, magari non tanto forti, e le parole poetiche di Waits che volavano nell’aria insieme a quei suoni un po’ jazzati. Un’atmosfera perfetta per quello che sarebbe diventato Nighthawk at the diner prodotto dalla Asylum Records e pubblicato nell’ottobre di quello stesso anno. 


...I've wined, dined, sipped and supped in some of the most demonstrably beamer epitomable bistros in the Los Angeles metropolitan region...

(Intro to “Eggs and Sausage”)



 

Un girovago nottambulo che ci porta a spasso per ristoranti, diner e per le strade e le nebbie di L.A.. Le conosceva bene quelle strade, essendoci nato e avendoci vissuto per gran parte della sua vita. Originario di Pomona, dove nacque nel 1949, visse per un breve periodo giovanile a San Diego, per tornare nella contea di Los Angeles, prima a Silver Lake e poi a North Hollywood. Mentre scrivo l’incendio di Hollywood è stato completamente domato, ma l’Eaton Fire, l’incendio che interessa la parte a Nord di Pasadena e che interessa indirettamente l’area di Silver Lake posta a sud di Pasadena e a sud-est di Glendale non ancora. So per certo che a Silver Lake è stata data l’autorizzazione a rientrare nelle proprie abitazioni, ma l’aria rimane ancora irrespirabile. Questo quartiere è molto particolare, portando al suo interno diverse anime. In particolare vi è il famoso quartiere di Echo Park, frequentato ovviamente anche dal nostro Tom. Fra le sue vie si passa da case e ville in stile vittoriano (il Distretto storico di Echo Park) ai luoghi della vita hipster, tanto che viene proprio considerato IL quartiere hipster di Los Angeles. Inutile dire che brulica di locali, studi di registrazione e multiculturalità. Sarebbe bello sapere com’era cinquant’anni fa quando Waits vagava per le sue strade di notte, magari di ritorno dopo una peregrinazione nebbiosa a Santa Monica... 


...Cruising along, everything's going fine, put a little smooth music on the stereo. Light up an Old Gold, save the coupon. Gotta think in terms of that patio furniture, that Toro mower, man. You're on the Santa Monica freeway headed in an easterly direction. You just past the La Cienega turn off and you run into a cold fog bank

(Intro a On a Foggy Night




L’intro di On a Foggy Night, ma ancor più il brano stesso ci danno la dimensione della poetica di Tom Waits: semplice, colloquiale, ma allo stesso tempo in grado di dipingere quadri notturni, solitudini, pensieri, storie da una notte e via, amori e paesaggi. Sono dipinti vissuti e realizzati in solitudine con la compagnia di un Whiskey (immagino viste le origini scozzesi/irlandesi) e di un pacchetto di sigarette Old Gold, conditi con una sonorità jazz che ne rimarca le tinte a tratti serene e a tratti più tristi e nostalgiche. 

Ho parlato di dipinti anche perché agli appassionati d’arte non sarà sicuramente sfuggito il rimando del titolo dell’album: Nighthawk at a diner.  

Nighthawks (“I nottambuli”) è un dipinto del 1942 di Edward Hopper, forse uno dei suoi più famosi e riconoscibili. Hopper dipinge spesso scene come questa, dove i soggetti sembrano perennemente isolati nonostante siano ritratti in compagnia. Scene che lasciano un senso di irrealtà sebbene siano pienamente realiste. Ognuno è isolato, assorto nei propri pensieri, senza alcuna interazione, l’unica cosa che li accomuna è la solitudine e un profondo silenzio (qualità propria della notte più profonda). 

Si potrebbe quasi azzardare a dire che se Simon & Garfunkel hanno scritto Il suono del silenzio, Edward Hopper lo ha dipinto e Tom Waits l’ha cantato, nel senso più aulico del termine. 

Sono situazioni che appaiono così assurde in enormi metropoli come la Los Angeles cantata da Waits o la New York di Hopper eppure, fra milioni di persone, è possibile anche la solitudine, anzi forse nella società contemporanea essa è più che mai accentuata.

 

Rollin' maverick across an obsidian sky 

As the busses go groanin' and wheezin' 

Down on the corner I'm freezin' 

On a restless boulevard at a midnight road 

I'm across town from easy street 

With the tight knots of moviegoers and out of towners 

On the stroll 

And the buildings towering high above 

Lit like dominoes or black dice 

(Nighthawk Postcards) 



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